Presentato lo studio “Il valore dell’abitare. La sfida della riqualificazione energetica del patrimonio edilizio italiano”, realizzato da CRESME, Fondazione Symbola, Assimpredil Ance e European Climate Foundation. Il rapporto promuove una riflessione sulle possibili linee di intervento per l’attuazione della nuova direttiva EPBD recentemente approvata.
Un primo aspetto trattato dallo studio riguarda le caratteristiche dello stock edilizio italiano, stimato al 2022 in 12.539.173 edifici residenziali che ospitano un totale di 32.302.242 abitazioni di cui il 78,4% circa (25.324.854 abitazioni) è occupato da famiglie residenti. Un numero che rende l’Italia il primo Paese in Europa per numero di case per 1000 abitanti. L’importante stock edilizio italiano sta andando incontro ad una graduale perdita di valore, specialmente nelle aree periferiche. Il 72% degli edifici ha più di 43 anni ed è stato costruito prima della legge sull’efficienza energetica (L. n.373/76). Il 68,5% delle abitazioni hanno una classe energetica compresa fra quelle peggiori, ovvero la E e la G.
Il report suggerisce che basterebbe far salire di sole due classi energetiche il patrimonio edilizio residenziale per consentire la riduzione media del 40% della bolletta di una famiglia, pari a un risparmio annuo di 1.067 euro (rispetto ai costi del 2022) e, contemporaneamente, incrementare il valore delle abitazioni. Una casa riqualificata energeticamente vale mediamente il 44,3% in più di una casa da ristrutturare. Incremento che arriva al 50,8% fuori dalle aree metropolitane in luoghi non turistici, mentre nelle periferie le case ristrutturate valgono il 40,5% in più di quelle non ristrutturate. Quest’ultime le aree dove si concentra la fascia più debole dal punto di vista energetico del patrimonio edilizio ed economicamente più fragile della popolazione.
Lo studio sottolinea le opportunità per il nostro Paese in considerazione degli obiettivi della Direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici. In primo luogo, far scendere il consumo medio del patrimonio edilizio italiano del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035 e, in secondo luogo, promuovere l’occupazione. Si stima che ogni miliardo di euro di investimenti in costruzioni produca un valore aggiunto di un miliardo e 100 milioni e un effetto diretto e indiretto sull’occupazione di 15.132 nuovi occupati. Anche su questo punto il report è ricco di indicazioni sui soggetti che definiscono la filiera delle costruzioni, compresi i soggetti che svolgono servizi progettuali, studi di architettura, di ingegneria e attività tecniche attinenti. Nel 2021 se ne contavano oltre 226 mila e i relativi addetti più di 321 mila, a cui si aggiungono i produttori dei materiali utilizzati nel processo realizzativo o nelle attività di manutenzione del manufatto, quantificati in 37.710 imprese e oltre 225 mila addetti. Infine, le imprese attive nella commercializzazione dei prodotti, all’ingrosso e al dettaglio, pari a più di 37 mila, con una capacità occupazionale di poco meno di 153 mila addetti in media annua. Prendendo in considerazione ulteriori figure professionali si delinea uno scenario che coinvolge più di 1 milione di imprese e oltre 2,6 milioni di addetti.
Fonte: https://anie.it/